Evoluzione dello spazio scenico

a cura di MARCELLO MAJANI

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Premessa

Considerato nella sua generalità, il teatro è uno dei fenomeni più complessi della nostra storia culturale. Immensa è la letteratura accumulata nel corso dei secoli e riguardante l’intreccio di vari fattori, teorici, pratici, sociali che compongono l’argomento.
Stesso discorso per gli edifici teatrali, di cui ci occuperemo, che rispecchiano fedelmente le complessità di cui sopra.
La parola teatro, dal greco theaomai (= vedere) fu in principio usata dai greci per definire la gradinata semicircolare usata per seguire le varie rappresentazioni ed in seguito fu usata per definire l’intero edificio ed in senso più vasto includendo ogni forma di intrattenimento collettivo, sia visivo che verbale o musicale. Ogni forma quindi di spettacolo, del resto la parola spettacolo deriva dal latino spectare (=guardare).
L’edificio teatrale è quindi un manufatto collettivo, adatto ad accogliere un gran numero di persone che assistono, orientate visivamente ed acusticamente, verso un punto che agisce e convoglia l’attenzione. Una delle funzioni principali dell’edificio teatrale è stata anche quella di realizzare l’incontro tra i diversi strati sociali della collettività e a contribuire alla loro coesione. Ovviamente questa funzione si è variamente configurata nel corso del tempo e delle epoche.

Alle origini del teatro c’è sicuramente l’aspirazione umana a rendere tangibile la relazione con le divinità, attraverso la rappresentazione del sacro nei riti e nelle danze, e allo stesso tempo il bisogno di intrattenere e definire i rapporti sociali, attraverso la forma della festa e della finzione ludica.
Prima dell’avvento della civiltà greca gli edifici teatrali progettati in quanto tali erano un numero esiguo: rientravano per lo più in questa categoria alcuni spazi dei palazzi della civiltà minoica, come ad esempio il cortile delle feste del Palazzo di Festo a Creta, caratterizzato da uno spazio circondato per tre lati da gradinate in grado di ospitare fino a cinquecento spettatori e adatto ad assistere a danze, a cerimonie o a tauromachie, ovvero combattimenti fra leoni, o fra bovini e uomini molto simili per tipologia e modalità alla corrida spagnola.
Sebbene lo studio delle manifestazioni teatrali nei popoli primitivi sia di difficile ricostruzione, sappiamo per certo che alcuni rituali che sfociavano in vere e proprie rappresentazioni erano presenti nel quotidiano di molte culture.
Riti propiziatori con carattere di spettacolarità erano infatti allestiti secondo il ciclo stagionale allo scopo di venerare, pregare o ringraziare gli dei per la stagione futura. Così come le cerimonie iniziatiche, ricche di rituali e celebrazioni di forte caratterizzazione drammatica.


Resti archeologici dell'ambiente teatrale di Poliochni

Resti archeologici del teatro del secondo palazzo di Cnosso

Ricostruzione planimetrica del teatro di Damocopo a Siracusa

Il teatro arcaico

Quando abbia avuto origine il teatro è difficile da stabilire. In senso universale possiamo dire che esso scaturisce dall'incontro e dall'interazione di molteplici fattori di natura sociale, religiosa, culturale, etica, politica ecc.
Possiamo benissimo intendere rappresentazioni teatrali anche i riti e le cerimonie magiche largamente diffuse fin dalla preistoria e l'edificio teatrale, quale esteriorizzazione fisica e concreta del teatro, segue le vicende di quest'ultimo.
L'edificio teatrale nasce infatti come sistemazione spaziale e architettonica atta a consentire la partecipazione pubblica alle manifestazioni propiziatorie e religiose.

Nel mondo mediterraneo uno dei più antichi esempi di ambiente teatrale è costituito da una costruzione coperta di forma rettangolare delimitata su un lato da una gradinata, adatta alla celebrazione di manifestazioni a carattere processionale, appartenente all'abitato di Poliochni nell'isola di Lemno e risalente a circa 3000 anni a.C.
Nell'isola di Creta nel secondo millennio a.C., nel secondo palazzo di Cnosso, possiamo individuare il primo edificio costruito appositamente per il teatro. E' formato da due gradinate della capienza di circa 500 persone, disposte ad angolo retto e dominate dalla tribuna del principe. Tra la fine del VI sec. e l'inizio del V sec a.C. si affermerà lo schema trapezoidale delle gradinate ed un esempio lo possiamo individuare nel teatro di Damocopo a Siracusa.

Il teatro vero e proprio come spettacolo avrà comunque origine nell'antica Grecia, come evoluzione delle cerimonie sacre celebrate in onore di Dioniso.


Gli elementi del teatro greco

Teatro greco: ricostruzione grafica

Resti del teatro greco di Siracusa

Odeon di Termesso e Kretopolis

Il teatro greco

In Grecia l'edificio teatrale, nella sua forma matura, era composto principalmente da tre elementi:

1. la cavea o koilon, che identifica l'invaso semicircolare a gradoni ricavato sul pendio di un colle e destinato ad ospitare il pubblico. Le gradinate per gli spettatori cingono l'orchestra per più di mezzo perimetro e hanno una pedata di circa 70 cm e una alzata di circa 35 cm.

2. la scena o skené luogo dove avveniva l'azione teatrale, si evolvette da semplice tenda (è questo, infatti, il significato originario della parola greca skené) a facciata architettonica scandita da tre porte.
Un palcoscenico quindi di forma rettangolare con una profondità media dai 5 ai 7 metri, larghezza fino a 30-35 metri, e chiuso da un muro verso il fondo con porte che permettono l'accesso al sottopalco destinato al deposito di macchine teatrali e a spogliatoio per gli attori.
Il palco è rivolto in modo tale da avere il sorgere del sole a destra e il tramonto a sinistra, avendo cosi la possibilitá di sfruttare la luce solare per l'illuminazione dello spettacolo che dura anche per l'intera giornata.

3. l'orchestra, spazio circolare posto tra la cavea e la scena, era dotato di corridoi laterali di accesso (parodos) e destinato all'azione del coro.
Il coro assiste alla vicenda drammatica, espone gli antefatti e collega gli episodi scenici partecipando al pathos dell’azione ed interagendo con attori e pubblico.

Il teatro era privo di copertura e si poteva avvalere, per la realizzazione di effetti spettacolari, di macchine per il sollevamento degli attori (mechane), di piattaforme scorrevoli (ekkuklema), e di svariati tipi di congegni come quelli per la simulazione dei fulmini e dei tuoni (keraunoskopeion e bronteion).
I periaktoi, infine, erano prismi triangolari rotabili con i lati dipinti con una scena tragica su un lato, comica su un altro e satiresca sul terzo e potevano quindi essere resi visibili al pubblico a seconda della rappresentazione.

L' Odeon è invece un edificio per spettacoli al coperto, di proporzioni molto inferiori al teatro, e destinato ad esecuzioni musicali, canto e recitazione. Si tratta di ambienti molto semplici, di forma quadrata coperti da tetti in legno e contenenti una ripida gradinata ad archi circolari concentrici. Come i teatri maggiori questi edifici erano costruiti su terreni in pendenza in modo che il pubblico entrasse dall'alto e gli esecutori dal basso.


Planimetria di teatro romano

Teatro romano: ricostruzione 3D

Resti del teatro romano di Bosra (Siria)

Il teatro romano

Rispetto al modello greco il teatro di epoca romana presentava alcune varianti architettoniche dovute al modificarsi delle rappresentazioni sceniche che già Vitruvio, nel V libro del De Architectura, individuò con grande precisione.

In particolare lo spazio destinato all'orchestra si fece assai più ridotto a causa della sempre minor importanza del coro nello spettacolo. L'antica skené si trasformò in un'imponente frontescena a più piani (scaena frons), ricca di statue e decorazioni in marmo, la cui altezza, pari a quella della cavea, permetteva di fissare, all'occorrenza, un grande telone (velarium) a copertura del teatro per riparo dalla pioggia o dal sole migliorando inoltre l'acustica già favorita dalle riflessioni dell'alto muro della scena. Dietro il frontescena si costruì il post-scaenium destinato ad attori e macchinisti.

Alla cavea, che secondo Vitruvio doveva ospitare dei vasi risonatori in bronzo (echeia) sempre per motivi di acustica, si accedeva attraverso le aperture dei vomitoria. Si inizia a manifestare una prima gerarchia di posti, riservando i primi ai senatori e tutti i rimanenti al resto del pubblico in ordine di importanza.
Completavano l'allestimento un alto palcoscenico (pulpitum) e un sipario, sconosciuto ai greci che si abbassava all'inizio delle rappresentazioni.
L'utilizzo di macchinari mediati dal mondo greco, come i prismi triangolari girevoli per i cambi di scena (chiamati dai romani trigoni versatiles), è testimoniato, oltre che dall'architetto augusteo, anche da un autore più tardo, Polluce, vissuto nel II secolo d.C.

Dove, però, si manifestarono le innovazioni più significative fu nell'architettura della cavea, che non veniva più realizzata sfruttando le pendenze naturali del terreno ma attraverso la costruzione di imponenti strutture murarie ad arcate multipiano.
Il teatro diviene cosi un insieme architettonico unitario, un edificio realizzabile anche su terreni pianeggianti consentendo per la prima volta di inserire il manufatto nella griglia urbanistica regolare delle città.

L’atmosfera teatrale conquista quindi una sua autonomia, staccata dall’atmosfera naturale in cui era immerso il teatro greco. Quindi, se da un lato si viene a perdere la funzione catarchica e rasseneratrice della natura circostante dall’altro si consente al pubblico un’esperienza illusoria tra finzione e realtà, trasportandolo in un altrove carico di suggestioni non mediate.



Mansiones in una illustrazione medievale

Vista della scena multipla medievale

Il teatro nel medioevo

Durante il Medioevo l’edificio teatrale concepito “classicamente” come luogo preposto allo svolgimento dello spettacolo di fatto non esisteva più.
La crisi politica ed economica dell’Impero Romano d’Occidente e l’atteggiamento di condanna intransigente e globale del Cristianesimo nei confronti non solo del teatro pagano ma di ogni forma di spettacolo segnarono, infatti, la lenta decadenza dei teatri romani che finirono per restare un corpo estraneo nell’organismo della nuova società e delle sue città.
La componente quindi del teatro medievale si estrinseca ora dalle forme stessa della liturgia cattolica, come il teatro greco traeva origine dai riti religiosi in onore di Dioniso.
Le rappresentazioni medievali si avvalevano quindi di una pluralità di luoghi preesistenti, come chiese, piazze e strade. In particolare, per i drammi sacri che si svolgevano nelle chiese o nei sagrati, esistevano una serie di "luoghi deputati", zone particolarmente significative da un punto di vista simbolico, a volte identificate da strutture appositamente costruite, baracche di sette, otto metri di altezza (mansiones) destinate a rappresentare, ad esempio, luoghi reali come monti e fiumi, o località del racconto biblico come il sepolcro di Cristo, la città di Betlemme o il Paradiso.

Le architetture reali servono quindi da sfondo a palcoscenici caratterizzati da una successione di scene fisse (scena multipla).
Si recitano misteri o produzioni drammatiche di soggetto religioso, con attori dilettanti (religiosi o laici appartenenti a congregazioni) che si spostano da una mansiones all’altra seguendo il filo della narrazione con il pubblico che assiste alla rappresentazione al di là di una robusta balaustra, in modo da garantire uno spazio libero davanti alle varie scene.

Il teatro medievale non possiede quindi edifici stabili e resta legato al concetto di rappresentazione da allestire occasionalmente di volta in volta.
Nelle manifestazioni teatrali medioevali riappare dunque il carattere religioso degli spettacoli ma si hanno però anche notizie di spettacoli di complessi di mimi, di istrioni, giocolieri e saltimbanchi; rappresentazioni profane e grottesche che si svolgevano prevalentemente durante il periodo di Carnevale.



Progetto di allestimento teatrale di S.Serlio (1475-1554)

Teatro Olimpico di Vicenza: pianta

Teatro Olimpico di Vicenza: vista complessiva

Teatro Olimpico di Vicenza: palcoscenico e quinte prospettiche

Il teatro rinascimentale

La tradizione medievale delle sacre rappresentazioni non si esaurì nel Medioevo, ma trasmise il suo apparato scenotecnico ai secoli successivi, arrivando ad influenzare il macchinario di epoca barocca.
A partire dal XV secolo, la tradizione delle sacre rappresentazioni fu affiancata dai primi esempi di spettacoli legati al fasto delle corti e dei palazzi signorili dell'epoca.
Per lungo tempo i teatri del Rinascimento, come quelli medievali, sono costruzioni provvisorie. In seguito diventarono edifici stabili, interni alle corti dei principi.
Le riflessioni quattro-cinquecentesche sui temi della prospettiva e sul "mito" della città ideale e la contemporanea riscoperta di Vitruvio (la cui prima edizione a stampa, curata da Sulpicio da Veroli, risale al 1486) contribuirono alla restaurazione del teatro come spazio unificato in cui la scena viene realizzata per essere fruita perfettamente da un unico punto di vista, occupato dal principe mecenate.
Vi erano delle gradinate per il pubblico e un palcoscenico per l'azione drammatica, chiuso o chiudibile da un sipario. In questi teatri la cavea e' realizzata in gradoni di legno: nello spazio piano della platea, le prime file sono riservate ai principi e la nobiltà, mentre dietro, in piedi, vi è la corte o il seguito dei principi.
La scenografia, con il passaggio dal sacro al profano, subisce una lenta evoluzione, con i primi tentativi di introdurre la prospettiva e con la presenza sia di scene mobili sia di scene fisse.
Per ovviare alla presenza di macchinari sempre più voluminosi, Vasari introdusse l'idea del retro palco, mentre Bernardo Buontalenti prefigurò gli accorgimenti della scena barocca combinando l'utilizzo dei prismi triangolari girevoli (i periaktoi di classica memoria) con quinte scorrevoli.
Emblematici delle sperimentazioni del periodo sono il Teatro Olimpico di Vicenza (primo teatro rinascimentale costruito come edificio stabile) e il Piccolo Olimpico di Sabbioneta.
L'olimpico di Vicenza, di Andrea Palladio, si ispira alla tradizione classica con la rappresentazione che si svolge nel proscenio delimitato nel fondo non più da una scena piana ma costruita in tre dimensioni, con sofisticati accorgimenti prospettici ma negata all'azione scenica.
Nel teatro Farnese a Parma (G.B.Aleotti) la scena risulta aperta sul fondo e lasciata libera alla realizzazione di qualsiasi soluzione prospettica.
Per la prima volta quindi l'azione scenica si estende dal proscenio fino ad occupare l'intero palcoscenico, creando una vera e propria entità autonoma contrapposta allo spazio reale: il boccascena diviene quindi un elemento di netta separazione tra spazio reale e spazio della finzione scenica prefigurando quello che sarà il periodo aureo della scenografia del '600 e '700.



Teatro elisabettiano: spaccato prospettico

Teatro elisabettiano: vista

Il teatro elisabettiano

Quando nel Cinquecento a Londra sorsero i primi teatri fuori dalla City, essi conservarono molto dell'antica semplicità. Ricavato in origine dai circhi dell'epoca per le lotte tra orsi o tra cani oppure dagli "inn", locande economiche di provincia, l'edificio teatrale consisteva in una semplice costruzione in legno o in pietra, spesso circolare e dotata di un'ampia corte interna chiusa tutt'intorno ma senza tetto.
Tale corte diventò la platea del teatro, mentre i loggioni derivano dalle balconate interne della locanda. Quando la locanda o il circo divennero teatro, poco o nulla mutò dell'antica costruzione: le rappresentazioni si svolgevano nella corte, alla luce del sole.

L'attore elisabettiano recitava in mezzo, non davanti alla gente: infatti il palcoscenico si "addentrava" in una platea che lo circondava da tre lati (solo la parte posteriore era riservata agli attori, restando a ridosso dell'edificio). La scenografia è semplicissima, tutto si basa sulla recitazione e sulla mimica. Il pubblico segue l'azione, e completa le scene con l'immaginazione.
Come nel Medioevo, il pubblico non era semplice spettatore, ma partecipe del dramma.
Quando la scenografia si fece più importante, le scene vengono costituite da teloni, architetture e fianchi di tela armati, oltre a soffitti. Il sipario si chiude metà a sinistra e metà a destra.
I costumi sono fastosi e ricchi di stoffe pregiate e si ispirano ai vestiti contemporanei, alla fantasia e al costume storico. Ogni personaggio ha nel suo costume delle caratteristiche il più possibili affini a quelle del personaggio che deve interpretare (ad esempio, i personaggi orientali portano turbanti, scimitarre; i personaggi ecclesiastici, costumi da frati da cardinali ecc.).
La scena elisabettiana si evidenzia quindi come una sorta di compromesso tra la libertà di movimento del teatro medievale ed il desiderio di unità del teatro rinascimentale.

Questo tipo di edificio non avrà comunque un seguito storico: sia in Inghilterra che in tutta Europa i modelli edilizi locali furono, dal ‘600, soppiantati dall’architettura teatrale di imitazione italiana che imporrà i suoi schemi a tutto il mondo occidentale.



Teatro kabuki: planimetria

Teatro kabuki: palcoscenico

Teatro kabuki: vista del palcoscenico

Il teatro orientale

La cultura orientale ci offre teatri autoctoni con caratteristiche differenti da quelli occidentali. Cina, India e Giappone sono le culture più rilevanti riguardo al teatro.
Il teatro Cinese era costituito da una sala rettangolare in legno con balconate per gli spettatori lungo tre lati ed al centro lo spazio per l’azione degli attori, che doveva essere molto elaborata e gestuale, in quanto doveva supplire alla mancanza totale di scenografia.
Normalmente sia nei teatri orientali che occidentali gli spettatori erano usi seguire interamente lo spettacolo dall’inizio alla fine: in Cina questo non accadeva in quanto gli spettatori entravano ed uscivano a loro piacimento anche nel bel mezzo dello spettacolo. Questo perché le opere raccontate nei teatri cinesi erano quelle tradizionali, che ognuno conosceva a memoria fin da bambino, oltretutto i drammi cinesi erano drammi lirici a più atti, quindi lo spettatore poteva godere anche di vedere un solo atto.
Il teatro indiano era molto simile strutturalmente a quello cinese, con la sola differenza che gli architetti progettisti erano tenuti a rispettare sempre le stesse identiche proporzioni. Anche in questo caso la scenografia era completamente assente e il lavoro spettava agli attori con la loro mimica, sebbene meno accentuata e cerimoniosa di quella cinese. Ma quello che più ha avuto influsso sul teatro occidentale è sicuramente il teatro giapponese. Ci troviamo di fronte a due strutture ben diverse: l’aristocratico Nō e il più popolare Kabuki.

Teatro Kabuki

Si tratta di un genere teatrale popolare nato agli inizi del XVII secolo e che ha sempre portato in scena tematiche sociali attuali e spettacoli di ambientazione storica. I drammi kabuki sono inscenati interamente da attori uomini (gli onnagata ) che, mediante un trucco molto pesante e costumi elaborati, interpretano anche ruoli femminili. Questo anche se il Kabuki e la sua famosa danza “Kabuki odori” furono originariamente ideati dalla sarcerdotessa Izumo no Okuni e recitato solo da donne.

Nei primi tempi le rappresentazioni avvenivano su semplici piattaforme che non mettevano al riparo dagli agenti atmosferici. Col tempo le strutture divennero più complete, fino alla costruzione di edifici veri e propri.
Un elemento molto particolare di queste opere è il cosiddetto hanamichi (cammino dei fiori), cioè una passerella che gli attori percorrono prima di giungere alla ribalta. Questa soluzione scenica fu mutuata dal teatro Nō.
La creazione del palcoscenico girevole (mawari butai) alla fine del Settecento, cioè in netto anticipo rispetto all’occidente, rispondeva all’esigenza di repentini cambi di scena derivanti da ritmi dell’azione sempre più serrati. Le scenografie prevedevano spesso anche botole per fare apparire e scomparire i personaggi e un sistema di cavi che permetteva di farli alzare in volo.

Teatro Nō

E’ una delle forme di recitazione teatrale più antiche del Giappone, risalente al XIV secolo, ed anche una delle più raffinate, rivolta principalmente ad un pubblico colto. Il trucco degli attori Kabuki è qui sostituito da maschere. Le scene vengono rappresentate su un palcoscenico in legno di cipresso con una scenografia quasi inesistente. L’unica decorazione ricorrente è il kagami-ita, un dipinto su un pannello di legno, raffigurante un albero di pino, posizionato sullo sfondo.



Teatro Farnese a Parma: planimetria

Teatro di Vincenzo Scamozzi a Sabbioneta: pianta

Teatro di Giacomo Torelli a Fano: pianta e sezione

Planimetria tipica del teatro all'italiana

Il teatro barocco

I secoli XVII e XVIII videro l'affermarsi di un nuovo tipo di edificio teatrale:
la sala barocca o all'italiana, caratterizzata da una pianta allungata, originariamente ad "U" ed in seguito a ferro di cavallo, dotata di un imponente ed elaborato boccascena e di una serie di palchetti tramezzati accessibili da ingressi autonomi.
Questa tipologia costituira' un prototipo del teatro non solo in Italia ma in tutta Europa fino alla fine dell'800.
Tale modello, affermatosi dopo un lungo periodo di sperimentazione che vide il passaggio dall’antica struttura a gradoni, ancora presente nel Teatro Farnese di Parma (1618) e nel teatro a Sabbioneta di Vincenzo Scamozzi, alla pianta mistilinea del Teatro degli Immobili (poi Teatro della Pergola) di Firenze, venne a fissarsi definitivamente nel Teatro alla Scala di Milano (1778).
Non sufficientemente evidenziato storicamente anche il contributo fornito da Giacomo Torelli ideatore del Teatro della Fortuna a Fano, edificato nel 1665 che anticipò in molti aspetti il modello di teatro “all’italiana” e caratterizzato da una pianta a U con file di palchi lignei sovrapposti, un imponente boccascena ed un palcoscenico ricco di geniali apparati scenici.

Protagonisti indiscussi di questo periodo di cambiamento furono i membri della famiglia Galli Bibiena, una vera e propria dinastia di architetti e scenografi che, nel corso di tre generazioni (dalla fine del Seicento alla fine del Settecento), interpretarono le numerose ed eterogenee tendenze dell'epoca.
Fautori, per motivi di acustica, di edifici a pianta svasata come il Teatro dei Rinnovati di Siena, furono al centro di aspre polemiche che vedevano, invece, nei teatri a pianta ellissoidale il concretizzarsi delle teorie scientifiche sorte in quest'epoca sull'argomento.
Per quanto riguarda l'apparato scenotecnico, il Seicento si caratterizzo' per il definitivo affermarsi del boccascena come struttura architettonica portante e per l'abbandono del sistema dei periaktoi in favore di quinte piatte scorrevoli, disposte in diagonale verso il centro della scena e azionabili tramite funi legate ad un argano posizionato nel sottopalco.
Per ospitare la dotazione di scene di repertorio e la grandiosa mole dei macchinari, divenuti stabili, il palcoscenico viene ampliato in profondita' ed altezza e furono create zone di servizio, mentre lo spazio scenico, dal proscenio, si allungo' in profondita' grazie anche a sapienti artifici ottici.

La gerarchia nobiliare si vedeva riflessa nella disposizione del pubblico: un imponente palco reale si trovava al centro dell’auditorio, gli spettatori di minor importanza occupavano file di balconi rialzati dietro al palco reale, gallerie lungo i lati della sala ed una platea bassa centrale.
Nel teatro barocco, gli attori recitavano davanti ai pannelli della scenografia, ma dietro l’arco di proscenio. Lo spazio dedicato all’azione teatrale era quindi relativamente ridotto, essendo impossibile per gli attori avvicinarsi troppo alle scene per non smascherare l’effetto ottico determinato dalla prospettiva solida accelerata.



Teatro Alla Scala di Milano (1778): sezione

Teatro Regio di Torino (1740): sezione prospettica

Boccascena e quinte prospettiche

Il teatro settecentesco

All’inizio del Settecento le pratiche sceniche italiane (arco di proscenio, scena prospettica ecc.) si erano ormai diffuse in tutta Europa. Questo fu un secolo positivo per l’Italia che prediligeva il gusto per la magnificenza.
Tutto questo veniva ben rappresentato dal lavoro fatto dall’importante famiglia di scenografi, ossia quella dei Bibiena.
In seguito comunque la situazione iniziò lentamente a modificarsi: se inizialmente la scenografia rinunciò all’asse centrale e si concretizzò, con la veduta ad angolo, in una prospettiva a fuochi multipli, nella seconda metà del secolo abbandonò progressivamente l’eccesso ornamentale di tipo barocco.
La scienza prospettica, soprattutto applicata ai disegni di edifici, fu sostituita da scenografie raffiguranti ambienti naturali, una conseguenza diretta del nuovo gusto neo-gotico, e della rivalutazione sentimentale della natura.
Si affermò la cosiddetta scena-quadro che ridusse all’utilizzo di una tela dipinta per il fondale e di un numero esiguo di quinte e teloni quella che nel Seicento era stata una grandiosa macchina prospettica. L’apparato scenotecnico si semplificò, pur conservando e sviluppando i meccanismi e gli accorgimenti, come la graticcia e i gargami, che consentivano i cambi di scena grazie al sollevamento e all’abbassamento dei fondali dal soffitto e lo scorrimento delle quinte piane.

Si consolidano i generi (d’origine seicentesca) del Melodramma, che si propone di far rivivere l’antica unione tra poesia e musica, e della Commedia dell’Arte, che crea una tematica ed un linguaggio più vicino al popolo.
Assistiamo progressivamente al passaggio da un teatro aristocratico e sostanzialmente privato ad un teatro pubblico e popolare. Le rappresentazioni non avvengono più occasionalmente ma con continuità e regolarità.
Carlo Goldoni, celebre commediografo veneziano, riuscì ad interpretare le nuove esigenze della società borghese settecentesca, il suo desiderio di un divertimento ispirato cioè alla verità della vita quotidiana. Fu inoltre in grado di restituire alla “commedia” una dignità letteraria prossima a quella del teatro colto, il teatro che era sopravvissuto solo nelle corti e nelle accademie. Goldoni oltrepassò infatti i rozzi scenari o canovacci dei comici dell’arte (che spesso recitavano a braccio) e scrisse sempre per intero i suoi lavori, battuta per battuta.

I maggiori edifici teatrali rimasero praticamente immutati fino alla prima metà del secolo quando cominciò a crescere nuovamente l’interesse per l’architettura teatrale.



Illuminazione della sala

Illuminazione della scena

Il teatro ottocentesco

L'Ottocento mantenne sostanzialmente invariata la concezione architettonica dell'impianto teatrale, mutuando dai secoli precedenti la sala all'italiana a ferro di cavallo e ordini di palchetti.

Fu però in quest'epoca che le innovazioni di carattere tecnologico impressero un forte impulso al perfezionamento dell'apparato scenotecnico.
In particolare, l'utilizzo dell'energia idraulica prima e di quella elettrica poi permisero soluzioni più agevoli per il movimento dei macchinari, ormai non piu' utilizzati per voli e apoteosi, ma soprattutto per lo spostamento di scene già montate su palcoscenici mobili.
La nuova attenzione al "realismo storico" imponeva, infatti, oltre ad una ricerca meticolosa per la realizzazione dei costumi di scena e alla frequente presenza sul palco di animali vivi, anche una accurata ricostruzione degli ambienti, dotati, ora, di veri e propri soffitti, arredi e ingombranti oggetti d'uso che potevano essere utilizzati agevolmente nei cambi di scena solo se preventivamente montati su palchi mobili nascosti al pubblico.

L'effetto di realismo venne, inoltre, accentuato dall'introduzione di nuovi sistemi di illuminazione: alle lampade ad olio che alla fine del Settecento si erano imposte sul vecchio sistema a candele, si sostituì, dalla prima meta' dell'Ottocento, l'illuminazione a gas che, oltre a poter essere azionata a distanza, permetteva di graduare l'intensità della luce durante le rappresentazioni.
L'avvento dell'energia elettrica, già sperimentata a Parigi attorno alla metà del secolo, ma introdotta per la prima volta in Italia solo nel 1883 alla Scala di Milano, rivoluzionerà, infine, la concezione dello spazio scenico, causando il progressivo abbandono del fondale dipinto.



Teatro Wagneriano a Bayreuth: planimetria

Il teatro wagneriano

E' impossibile ridurre ad una formula la concezione dello spazio scenico del XX secolo. I fermenti degli ultimi anni dell'Ottocento si innestarono in un contesto dominato dalle nuove avanguardie storiche, spesso divise tra una visione "primitiva" e quasi onirica della rappresentazione del mondo e una immagine della stessa tesa all'esaltazione delle nuove conquiste tecnologiche.

Si venne delineando, con sempre maggior chiarezza, il nuovo ruolo del regista che avrebbe conferito unità scenica allo spettacolo grazie alla riqualificazione di tutte le sue componenti.
Bandita la scenografia tradizionale a favore di una combinazione sempre nuova e originale di elementi plastici variamente componibili, spesso realizzati con materiali innovativi, acquistò nuova e centrale importanza l'utilizzo della luce, sperimentata in tutte le sue potenzialità visive e cromatiche.

Si assiste per la prima volta ad una differenziazione dell'edificio teatrale a seconda del genere di spettacolo (lirica, prosa, concerto), iniziata con il teatro di R.Wagner a Bayreuth (1876) dove si rivoluziona la parte dell'edificio destinata al pubblico.
La consueta pianta a ferro di cavallo viene infatti sostituita da un anfiteatro con forma a ventaglio, degradante verso la scena con un unico ordine di posti senza più distinzione tra platea e palchi, intendendo così dare seguito agli ideali di democraticità e libertà scaturite dalla rivoluzione francese ed oramai diffuse ed assimilate.
L'unificazione del pubblico in un solo ordine di posti e, per la prima volta, il buio in sala durante la rappresentazione, si prefigge anche lo scopo di eliminare pretesti di distrazione, sottomettendo i rapporti mondani alle esigenze dell'attenzione verso la contemplazione della scena. Il palcoscenico e la torre scenica rimarranno ferme allo schema tradizionale.





Totaltheater di W.Gropius: in nero le varie posizioni del palcoscenico

Spaccato assonometrico di edificio teatrale contemporaneo

Il teatro del novecento

Con l'inizio del nuovo secolo l'edificio teatrale tradizionale inizia ad entrare in crisi, manifestando la sua inadeguatezza a rappresentare contenuti nuovi.
Le prime nuove sperimentazioni spaziali mirano ad una maggior flessibilità dell'edificio, fino ad arrivare talvolta all'abolizione della divisione fisica tra spettatore ed attore rappresentata dal boccascena. Quasi un ritorno verso gli antichi modelli del teatro greco e del teatro elisabettiano che, senza arco scenico, permettevano di avere lo spettatore nel mezzo dell'azione drammatica.
Un progetto interessante fu quello realizzato dall'architetto Walter Gropius nel 1926 e denominato Totaltheater: il teatro è di forma ellittica ed è dotato di un palcoscenico mobile e girevole in grado di adattare in questo modo lo spazio a conformazioni adeguate alle diverse tipologie di spettacolo.
A questo progetto rivoluzionario per il periodo seguirono moltissimi altri esperimenti sempre volti a superare la tradizionale separazione tra sala e scena, pubblico ed attori.

Nella seconda metà del secolo gli architetti non si concentrarono più sulla progettazione di edifici prettamente teatrali, ma sulla costruzione di edifici multifunzionali che univano a sale teatrali sale cinematografiche, musei, biblioteche e sale conferenze.